giovedì 19 marzo 2020

ON STAGE: PHILIPPE MARCADE' E LA SCENA PUNK DI NEW YORK


Il punk, anche nelle sue espressioni più estreme, ha perso ormai da tempo ogni carica eversiva e provocatoria, sdoganato proprio da quel sistema “imposto”, criticato e fronteggiato come antagonista, che lo ha trasformato da movimento di resistenza sociale e (sub)culturale, a semplice genere musicale e fenomeno di costume.

Tuttavia è una delle rare espressioni che continua a conservare una fascinazione difficile da eguagliare. Lo dimostra la massiccia produzione di tributi e approfondimenti di ogni genere (biografie, documentari, libri, mostre), molto spesso, purtroppo, in chiave approssimativa o sensazionalistica, lontana dalla vera essenza del movimento, ma che ci restituisce l’illusione che il “punk non è (sia) morto”.

Punk’s not dead” è la traccia che apre e dà il titolo al primo album (1981) della band inglese The Exploited, ed è anche lo slogan spesso impiegato per significare che l’essenza, antagonista e di rifiuto, che da sempre, trasversalmente, ha caratterizzato il movimento, ne ha ribadito ogni volta i contenuti e i confini, nonostante la complessità delle sue diverse correnti, le contaminazioni, l’approdo a forme di spettacolarizzazione che ne hanno tradito, in alcuni casi, l’autenticità e la forza dissacratoria.



Pretesto e occasione per questa riflessione, l’uscita (non recentissima, a dire il vero, ma passata in sordina) del libro “Oltre l’Avenue D - Un punk a New York - 1972-1982” - Ed. Agenzia X – autore Philippe Marcadè, frontman e voce dei Senders - band punk-blues, eletta dai lettori del New York Press “Miglior gruppo live di New York” -




...amico di Johnny Thunders, Richard Hell e Willy De Ville, anch'essi agitatori di coscienze sul palco del CBGB’S o del Max’s. 

Testimone diretto e “con un buona reputazione” della prima scena punk-rock americana, Marcadè giunge a confermarmi, attraverso il racconto di quei giorni, che tutto ebbe inizio a New York.

The Stooges

Invero, sulla nascita della scena punk, musicale ed estetica, si alternano, nella ricerca di un'origine precisa, teorie e considerazioni fazionistiche: indubitabile, in ogni caso, la seminalità dei New York Dolls, degli Stooges, degli MC5,


The Sonics
così come non possono non definirsi protopunk i suoni sporchi, primitivi e crudi dei Sonics, a metà degli anni Sessanta. Del resto, il rock ha sempre dimostrato di essere un’entità in costante evoluzione, che sperimenta, e attinge dalle esperienze precedenti.





Del resto, il rock ha sempre dimostrato di essere un’entità in costante evoluzione, che sperimenta e attinge dalle esperienze precedenti. Lo ha fatto anche il punk, quando, a metà degli anni ‘70, attraverso band come Ramones, Blondie, Television, gli Heartbreakers di Johnny Thunders, e poi Patti Smith eRichard Hell, prende vita dalla contaminazione tra glam, rock’n'roll, sonorità 60's, surf, garage e rock.

In una New York allo sbando, sporca, violentissima, e sull’orlo di una forte crisi economica, nacque e si sviluppò la prima scintilla di un movimento, che, sebbene non abbia determinato rivoluzioni politiche e sociali, ha mutato, a livello di costume e di attitudine, lo scenario culturale e sub-culturale all’opposizione dell’establishment dell’epoca. 

In mezzo alle rovine dei quartieri e a quelle umane, travolte da droghe e degrado, si sviluppò una contro-cultura che investì diversi ambiti artistici, travolgendo il tessuto sotterraneo di ogni città americana, che ne esemplificò istanze e contenuti.



Basti pensare all'esperienza del “Colab"(Collaborative Projects), collettivo nato nel 1977, che raggruppava personaggi impegnati nelle più svariate forme d'arte, da quella visiva a quella visuale, da quella pittorica a quella scultorea. Portarono l'arte fuori dalle gallerie per mostrarla nelle strade, nei quartieri più problematici, com'era per esempio, ai tempi, la centralissima Times Square. La “scuola” da cui uscirono talenti come Jean-Michel Basquiat o Keith Haring.

Lester Bangs

O ai nuovi linguaggi della critica musicale, che investì e influenzò nettamente stili e linee editoriali. Vedi Lester Bangs in Creem, la rivista rock di Detroit nata dal giro che gravitava attorno al White Panther Party di J. Sinclair, movimento politico rivoluzionario che inneggiava “all’assalto totale alla cultura con ogni mezzo necessario, inclusi rock’n’roll, droga e sesso per strada”, e alla eliminazione del capitalismo come base economica degli USA da attuarsi mediante l’attivismo sociale per l’integrazione razziale e la eliminazione della classe borghese.


Con l’arrivo di Bangs, la rivista assume e si identifica fortemente con i toni delle sue recensioni, cariche di invettiva, disprezzo, fantasia, rabbia e gioia. Insieme a Dave Marsh (caporedattore), Bangs “…scoprì, inventò, alimentò e promosse un’estetica di gioioso sdegno, di amore per il trash e il disprezzo per tutto quello che era pretenzioso”(Greil Marcus nella introduzione a “Detroit Sucks – Guida ragionevole al frastuono più atroce” di Lester Bangs – The Estate of Lester Bangs, 1987); quell’estetica che prese il nome che lo stesso Bangs gli aveva dato – punk - e poi raccontato, descritto e demistificato, tra il 1970 e il 1976, in più di 170 recensioni, 70 servizi speciali, numerose didascalie per le foto.

Legs McNeil
Altro esempio, lo stile fanzinaro adottato in onore al motto “Do it yourself” dalla rivista “Punk-magazine” – a cui lo stesso Bangs, giovanissimo, aveva collaborato -, fondata dal critico musicale Legs McNeil - autore di “Please Kill me” (1996), e della prefazione al libro di Marcadè – e dal fumettista e scrittore underground John Holmstrom, illustratore delle copertine degli album “Rocket in Russia” e “Road to Ruin” dei Ramones, e creatore di personaggi come Bosko e Joe.

La scena punk – musicale e non – di NY trovò proprio in questo magazine il tramite della propria diffusione in tutti gli States: tra il 1976 e il 1979 ne escono 15 numeri; le sue copertine ritraggono le band più rappresentative della scena, quelle che si esibiscono al CBGB’s, allo Zepps, al Max’s; lo stesso Holmstrom definisce la rivista “la versione stampata di The Ramones”. La grafica editoriale è quella del “fumettismo underground”, quella immediata e istintiva delle fanzine (collage di foto e testi); i contenuti e lo stile rimandano ad un giornalismo pop e diretto.

Impossibile non fare riferimento all’estetica punk, ai vestiti (strappati), al taglio dei capelli, ad una moda che era nata per non essere alla moda. Che parte da New York – con Richard Hell e la seminale foto a torso nudo violato dalla scritta “you make me”, usata come copertina dell’album “Blank Generation”-




e ispira Londra, con Vivienne Westwood, Malcom Mclaren e la loro piccola boutique al 430 di King’s Road; dando vita all’iconografia e all’immaginario punk, copiati e imitati a tal punto da essere in seguito trasformati in qualcosa di assolutamente diverso, di elegante e di costoso, in qualcosa che si pose in evidente contrasto con il “do it yoursef”, a cui anche in questo caso il movimento si era ispirato per essere libero dall’eleganza e dall’omologazione. 



DIY ossia “fai da te”! Così Hell dichiarava a proposito: “una cosa che ho cercato di restituire al rock and roll è la consapevolezza che sei tu che inventi te stesso. E’ per questo che ho cambiato nome, che mi sono inventato look, taglio di capelli e tutto il resto. Perché è normale che se inventi te stesso poi ti ami”…“era una cosa che dovevi farti da solo, e con cui esibivi il tuo essere libero dalla proprietà e anche dall’eleganza”.
Lo scenario della New York culla del punk ci appare in evidente contrapposizione a quello della metropoli di oggi, ripulita, omologata, gentrificata, in cui si fa fatica - fatta eccezione per Brooklyn e parte del Queens - a scorgere una identità spontanea e creativa, o per lo meno originale quanto quella riferibile a quegli anni. 
Ma a differenza di quanto si è portati a pensare, il movimento punk che nasce nella Grande Mela non si fa portatore di alcun preciso messaggio politico, vuole solo dichiarare una rottura con il passato, il superamento – in bilico tra ribellismo e nichilismo - di ogni fissità culturale, estetica ed edonistica. Diversamente da quanto si verifica in Inghilterra, dove sicuramente non sono mancati i gruppi, primi tra tutti i Clash, che hanno sentito l'esigenza di veicolare in maniera netta attraverso le loro canzoni messaggi politicamente e socialmente orientati, sia in chiave di contestazione, sia proponendo una soluzione.

Crass
Ma, in prevalenza, il primo punk era essenzialmente l’espressione di un'urgenza generazionale, della volontà di rompere con schemi imposti, rigidi, obsoleti, quindi senza particolari implicazioni ideologiche, soprattutto, come detto, in America. Del resto, il rifiuto di partecipare alla politica era di per sé una dichiarazione politica.

In Italia il movimento attecchì assumendo forme più ideologiche e politiche, di contenuto più orientato alla corrente dell’anarco-punk e dello slogan “DIY” (Do It Yourself), che vide nei Crass la band iniziatrice, e che rappresentò per i punk italiani un messaggio consolatorio dopo la delusione per Rotten e compagni.

Johnny Thunders & The Heartbreakers
Tutti i gruppi più importanti finirono per accasarsi ben presto con le grandi etichette discografiche, trovarono successo e classifiche, dai Blondie, ai Ramones, che tennero fede al loro suono e all'immagine originale, continuando a riproporla uguale nel corso degli anni. Accanto a questi, Willy De Ville, Talking Heads e Television, la stessa Patti Smith, i Dead Boys di Stiv Bators, Wayne/Jane County, Richard Hell e i Voidoids, i Dictators, i Suicide, i Senders. Storia a parte quella di Johnny Thunders, ex New York Dolls, poi negli Heartbreakers, autore del brano manifesto di questa generazione “Born to lose”, che il successo non solo non lo aveva quasi mai visto, ma nemmeno lo prendeva in considerazione.

La disperazione, unita all’ingenuità, alla spontaneità, all’urgenza di vita, e, nel contempo, alla necessità di sopravvivere in situazioni difficili, modellò una generazione unica, e uno stile iconico, quasi immediatamente ripetuto e imitato. 

Ma si trattò di un’esplosione “culturale” sincera, primitiva, che ancora oggi continua a ispirare e a forgiare gli antagonismi sociali ultra-generazionali


PHILIPPE MARCADE' - THE SENDERS - L'INTERVISTA 


Ormai da anni trasferitosi in Italia, Philippe Marcadè accetta di raccontarmi la scena punk-rock newyorkese, già, in buona parte, descritta nel suo libro.
Presente alla prima esibizione dei Ramones, ed “esotico" interlocutore di una affascinata Debbie Harry, che incontra per la prima volta al CBGB’s, Marcadè ci introduce, alla perfezione, al clima di quei giorni. 



Quando arrivai a New York, nel 1975, la scena punk era ancora qualcosa di molto piccolo, sotterraneo. Prima che l'intera scena passasse al Max's e al CBGB's e diventasse molto popolare, accadeva tutto in un club molto piccolo, il “Mother's”, in 23rd Street. I Ramones esistevano già, così come i Blondie, gli Heartbreakers e pochi altri, ma quasi nessuno li conosceva. Le case discografiche non sapevano ancora nulla di queste band e non avevano ancora rovinato tutto con i loro soldi e la loro commercializzazione. Tutto sarebbe cambiato nel giro di due anni. Ma nel 75 erano ancora solo un gruppo di pazzi che suonavano per alcuni amici. Quello che sembravano avere in comune era un vero odio per tutte le pretenziose band hippy prog con i capelli lunghi che ascoltavi alla radio in quei giorni: nomi come Yes o Emerson, Lake & Palmer e tutti questi gruppi di "virtuosi" con i loro tipici assoli di batteria da venti minuti, opere rock e tutta quella merda. Fu una vera ribellione contro il noioso rock commerciale dei primi anni Settanta, ed era tutto ancora molto, molto sotterraneo.” 


Il titolo del libro trae spunto dal nome di una delle strade che compongono Alphabet Street, uno dei quartieri di Manhattan, nell’east Village di una New York degradata e oscura, ma già profondamente cool, dove tutto ebbe inizio. “Nel 75, New York stava attraversando la sua peggiore crisi economica ed era in rovina. Nel Lower East Side, interi block erano in gran parte demoliti, gli edifici abbandonati. Ed era anche molto pericoloso. Ci fu una massiccia diffusione di eroina e il crimine dilagava. La cosa buona era che si poteva trovare un appartamento per meno di duecento dollari al mese. Naturalmente, questo tipo di degrado urbano era un terreno perfetto per il Punk Rock. I Ramones e i Blondie vivevano nel Bowery, dove si trovava anche il CBGB. Era davvero brutto, lì, con topi, scarafaggi e ubriachi senzatetto ovunque sui marciapiedi. Alphabet-City, dove viveva la maggior parte di noi (nel Lower East Side), era particolarmente pericolosa. Un tempo c'era questa piccola poesia che tutti quelli che vivevano la conoscevano. Avenue A, you're Alright, Avenue B, you're Brave, Avenue C, you're Crazy, Avenue D, you're Dead!

Doctor Feelgood

Marcadè mi conferma che il punk-rock non è esploso con il primo album dei Ramones o il primo concerto dei Sex Pistols, ma era già in nuce da tempo. Peraltro aggiunge un particolare spesso trascurato o, in qualche modo, come gli piace evidenziare, accuratamente nascosto: “La maggior parte dei punk rocker che ostentavano la loro attitudine "anti-hippy" erano essi stessi hippy qualche anno prima, anche se molti erano piuttosto imbarazzati ad ammetterlo. Il punk era solo un'evoluzione naturale o "Devoluzione", si potrebbe dire! Già nel 1969 gli Stooges hanno piantato il seme del Punk Rock, riportando la semplicità e la ferocia che il rock aveva perso nel ‘67 con la grande ondata psichedelica, il “Sergente Pepper” e tutto il resto. I New York Dolls fecero un ulteriore passo in avanti riportando la formula della "canzone di tre minuti" e, nel 1974, Doctor Feelgood e l'intera scena del Pub Rock in Inghilterra, aprirono le porte al Punk Rock. Il Punk Rock ha riportato il divertimento e la rabbia adolescenziale che era stata persa nella musica rock dalla metà degli anni sessanta. Confronta "Love Me" di The Phantom o "The Swag" di Link Wray (entrambi dal 1958) con qualsiasi cosa di The Cramps, Ramones o Suicide e sicuramente troverai una relazione diretta e un'atmosfera simile”.

Allo stesso modo Philippe corregge un altro falso mito o comunque una posizione spesso richiamata a sproposito se riferita al punk delle origini: “Il lato politico del Punk Rock era più una cosa britannica (Clash, Sex Pistols, Crass, ecc.). A New York, dove tutto ebbe inizio, non si parlò mai di politica. Il messaggio era più "Non ce ne frega un cazzo" che "Vogliamo salvare il mondo". Resta inteso che, a parte Johnny Ramone, che era un un fuori di testa di destra, tutti questi punk rocker new-yorkesi erano anti-sistema, anti-autorità, anti-polizia e tutti, semplicemente, non sen-tivano nessuna necessità di specificarlo e rompere le palle a qualcuno con queste co-se. Era molto più divertente cantare della colla da sniffare! (“Now I wanna sniff some glue” è un brano dal primo album dei Ramones del 76) In Inghilterra, (i Crass erano un'evidente eccezione), penso che le tendenze politiche del Punk Rock purtrop-po siano diventate in alcuni casi un po' una contraddizione, a volte una sorta di "po-sizione ipocrita". Come puoi dire di essere anticapitalista mentre hai appena firma-to un lucroso contratto con una casa discografica che è una società multimiliona-ria?! O stai da una parte o dall'altra o stai zitto!



Quando gli chiedo di Thunders mi dice: “Johnny era così talentuoso, carismatico e figo che, ovviamente, senza l'uso di droghe e gli eccessi di ogni tipo, avrebbe potuto avere molto più successo. Ma successo in cosa ?! Più "ricco e famoso"? Certamente, ma sarebbe stato un fallimento nell'essere un vero eroe ribelle del Rock & Roll che si rifiutava di scendere a compromessi. Se avesse esaurito il tutto e accettato di diventare un artista mainstream, allora sarebbe stato un "perdente"? In un certo senso, penso di si. Come Gene Vincent o Syd Barrett, Johnny è riuscito a diventare "The Real Deal", non una versione annacquata.”.

Marcadè è un protagonista diretto, un “sopravvissuto”, un “uscito vivo”, da quella stagione pazzesca e alla domanda se è ancora in contatto con qualcuno del periodo mi risponde amaramente “Purtroppo sono tutti morti!”.

Link Wray
Si congeda dalla nostra chiacchierata con una lunga lista di brani da ascoltare durante la lettura del suo libro; ne estrapolo alcuni per una ideale playing-list.: The Swag - Link Wray Trash - The New York Dolls, She Does It Right - Doctor Feelgood, Judy Is A Punk - The Ramones, Human Fly - The Cramps, Cheree – Suicide, Venus Of Avenue D - Mink Deville, Chinese Rocks - The Heartbreakers, Blank Generation - Richard Hell & The Voidoids, Denis – Blondie, No More Foolin' Me - The Senders, You Really Piss Me Off - The Senders, All Kindsa Girls - The Real Kids, You Can't Put Your Arms Around A Memory - Johnny Thunders, (I Can Get No) Satisfaction – Devo, Garbageman - The Cramps, People Who Died - Jim Carroll, Return To Sender - Elvis Presley

On Air: 
The Swag - Link Wray https://youtu.be/EcKB4NQZPG4
Blank Generation -The Heartbreakers https://youtu.be/kP9uZGCgfbw 
Punk's Not Dead - The Exploited https://youtu.be/FZLBmqFiGjY
I Wanna Be Your Dog - The Stooges https://youtu.be/3gsWt7ey6bo
Have Love Will Travel - The Sonics https://youtu.be/20S_kwNb4rg





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